Un parco a primavera, un libro sull'antropologia del corpo e una parola.

Anche quest’anno ho avuto l’opportunità di vedere Praga nella stagione primaverile, alloggiare nel quartiere di Holešovice e passeggiare nel parco Letná, che si estende lungo la riva sinistra della Moldava e val bene una visita. Parco cittadino dal XIX secolo, offre la vista di Praga dall’alto e diversi punti di interesse.

Un giorno, mentre spingevo pigramente il passeggino di Piccolo Poppins e annusavo l’aria impregnata di odori floreali, riflettevo su come il mio olfatto sia cambiato nel corso del tempo fino ad acquisire una sorta di superpotere. Un’ipersensibilità che mi fa venerare certi odori e me ne rende insopportabili altri fino al malessere fisico: incensi, deodoranti spray, certi profumi, certi saponi, certi detersivi, certe candele.

Il modo in cui percepiamo gli odori è soggettivo:

[…] discriminiamo e giudichiamo gli odori a seconda delle caratteristiche genetiche del nostro apparato olfattivo, ma anche in relazione al contesto culturale e simbolico in cui ci troviamo, alle esperienze pregresse con gli odori e al piacere che ne traiamo.

Il bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti, Cristina Cassese

Pensa a come sarebbe visitare la Bath di Jane Austen, la Londra di Shakespeare o altri luoghi ed epoche che si ha la tendenza a romanticizzare. Senza dubbio ci toccherebbe andare in giro col naso tappato.

Pensa poi a come la definizione dell’identità altrui sia fortemente connessa all’olfatto. A tal proposito mi tornano in mente le parole che, in Annie John, la madre di Annie rivolge alla figlia parlando degli inglesi (colonizzatori di Antigua, dove è ambientato il romanzo):

Hai mai notato che puzzano come se fossero stati rinchiusi dentro a un pesce?

Annie John, Jamaica Kincaid

Antropologia del corpo in 10 oggetti

«Ancora oggi, purtroppo, non è raro che i pregiudizi razziali e classisti passino attraverso una sorta di demarcazione olfattiva […]» leggo ne Il bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti, un libro pubblicato l’anno scorso da Enrico Damiani Editore.

L’autrice, Cristina Cassese, è un’antropologa culturale che si occupa di rappresentazioni e stereotipi della contemporaneità, educazione alla relazione di genere e teorie e forme della narrazione. Per lavoro e per passione fa un sacco di cose belle: esplorazioni nomadiche, laboratori nelle scuole, webinar e consulenze. Collabora con riviste, tra cui Frisson, ed è autrice di un podcast dedicato all’antropologia culturale, Nomadismo Professionale. Ascoltalo, se non l’hai già fatto. È prezioso.

Il profumo è uno dei dieci oggetti da lei scelti per esplorare il nostro concetto di bellezza, cose che usiamo abitualmente e che potremmo trovare in un bagno immaginario (anche io curioso volentieri nei bagni altrui: ecco, ora lo sai!). Cosa c’è dietro i gesti compiuti ogni giorno nell’intimità di questa stanza? Cosa possono raccontarci di noi e dei paradigmi estetici della società in cui viviamo uno specchio, un rasoio, una spazzola, una bilancia, una lavatrice o un rotolo di carta igienica?

Con la chiarezza e l’equilibrio che la contraddistinguono (e che avevo già avuto modo di apprezzare ascoltando il podcast), Cristina Cassese ci aiuta a osservare il corpo che abitiamo e le pratiche estetiche a cui lo sottoponiamo da un altro punto di vista, quello antropologico. Un punto di vista non giudicante, in grado di capovolgere lo sguardo.

Trovo sia liberatorio parlare del corpo senza stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni e utile capire come esso si intrecci all’identità, alla cultura e alla società. Essere consapevoli del fatto che lo plasmiamo continuamente in base a dei criteri culturali e che anche il gesto più semplice (tipo lavarsi la faccia) corrisponde a categorie antropo-poietiche (nuova parola nel mio vocabolario) potrebbe forse aiutarci a vivere in maniera diversa il rapporto, non sempre positivo, con questa fisicità che è il tramite tra noi e il mondo.

Ricordo che alle scuole superiori il professore di disegno architettonico ci assegnò un compito: rispondere alla domanda “cosa è per te il bello?”. Ci ripenso spesso e tuttora a distanza di oltre venta’anni non riuscirei a definire in poche parole la mia idea di bello (che tra l’altro è cambiata nel tempo). E se provo a trasferire questa mia idea sul corpo umano il compito si fa ancora più difficile. La sua bellezza è una questione oggettiva o soggettiva? Una risposta univoca è impossibile, spiega Cassese, e il dibattito, oltre a essere complesso, è ancora in corso.

Il bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti si appoggia a un’ampia bibliografia ed è un ottimo punto di partenza per approfondire l’argomento con altre risorse — libri, film, serie TV e documentari —, tutte generosamente raccolte a fine libro e divise per argomento.

Leggi l’intervista di Claudia Ska a Cristina Cassese su Rolling Stone e per non perderti le sue esplorazioni nomadiche seguila su Instagram e/o iscriviti alla sua newsletter mensile gratuita. Ti lascio con una delle mie citazioni preferite:

Il desiderio di piacersi e di piacere agli altri non va demonizzato, tutt’altro. Desiderando ci si scopre incompleti e si sposta perciò l’attenzione da sé aprendosi all’alterità. Il desiderio è tensione esistenziale, è forza creatrice che ci muove e crea relazioni, anche conflittuali, con il mondo. Tuttavia, la pervasività del monito a uniformarsi all’attuale modello di bellezza (propinato come garanzia di successo e felicità, ma in realtà funzionale solo alle logiche di mercato) rappresenta il rischio altissimo e concreto che lo specchio non sia affatto il servo delle nostre brame, ma piuttosto, come afferma la filosofa Maura Gancitano, «il collettore delle nostre paure».

Il bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti, Cristina Cassese

Copertina del libro Il bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti di Cristina Cassese
ll bello che piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti, Cristina Cassese, Enrico Damiani Editore, 2023, pagine 256.

Una parola

Olfatto e gusto sono strettamente collegati. Sapevi che esiste un sapore che i nostri palati europei faticano a riconoscere? Si chiama umami e lo ha isolato un chimico giapponese, Kikunae Ikeda, all’inizio del secolo scorso. Insieme al dolce, all’aspro, all’amaro e al salato, l’umami negli anni Novanta è entrato a far parte dei sapori fondamentali. Dove si trova? Nel latte materno, nei pomodori, nelle ostriche, nei pomodori ciliegini, negli asparagi e nel tè verde giapponese del tipo gyokuro e sencha. Ho scoperto questa cosa leggendo Le strade del tè, sorseggiare il tempo (Tlon), scritto da Lucie Azema, della quale ho amato Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione.

Appunti

📌 Questa edizione di Frammenti non può che terminare con i consueti appunti. Inizio con le letture del periodo:

  • con il bookclub Fronti e Frontiere sto esplorando il continente africano. Abbiamo già letto tre bei libri: Gloria di NoViolet Bulawayo (Zimbawe), Silenziosa sfiorisce la pelle di Tlotlo Tsamaase (Botswana) e I draghi, i giganti, le donne di Wayetu Moore (Liberia). Molti altri titoli ci attendono nei prossimi mesi. A quelli che più mi colpiscono dedicherò degli approfondimenti sul blog.
  • La prima parte dell’anno è stata piena di letture belle e nutrienti. Non potrei essere più soddisfatta. Ho scoperto due scrittrici pazzesche: Laura Townsend Warner, che con il suo Lolly Willowes, o l’amorevole cacciatore ha sussurrato alla mia anima, e Tsushima Yūko. Ho anche iniziato a esplorare la letteratura caraibica con Jamaica Kincaid.
  • Sto dando molto spazio alle voci femminili, ma tornerò a leggere anche autori. Per ora ho in programma di riprenderne due, che sono legati a Berlino e di cui ho già scritto in passato: Christopher Isherwood e Theodore Fontane. Su Isherwood ti segnalo un episodio del podcast Tiresia.
  • Durante le vacanze sui lidi inglesi ho finalmente letto Città sola di Olivia Laing. Super consigliato!
  • Mi sono imbarcata nella lettura della biografia di Virginia Woolf scritta da Hermione Lee comprata anni fa a Rodmell. Un mattone di 772 pagine (note escluse). La finirò fra due anni probabilmente.

📌 È da poco uscito Women of Tarot: An Illustrated History of Divinators, Card Readers, and Mystics (Running Press, 2024), un libro sulle donne che hanno fatto la storia dei tarocchi. L’autrice è Cat Willet, un’illustratrice che vive e lavora a Brooklyn, scoperta ascoltando il podcast The Witchwave di Pam Grossmann (di cui ho da poco finito di leggere Waking the Witch: Reflections on Women, Magic, and Power).

Copertina del libro Women of Tarot: An Illustrated History of Divinators, Card Readers, and Mystics di Cat Willet.

📌 A Praga ho avuto l’opportunità di partecipare a un tour guidato del castello. Al Pražský hrad ci ero già stata in passato, ma senza guida. Visitarlo con Pierpaolo, fondatore de L’Ombrello italiano, ha fatto una gran differenza. Oltre, ovviamente, a conoscere a menadito ogni centrimetro di questo luogo tanto significativo della città, Pierpaolo ha un entusiasmo travolgente e sa come coinvolgere chi lo ascolta, rendendo l’esperienza interattiva e memorabile. Se cerchi storie, curiosità e informazioni utili su Praga dai un’occhiata al suo canale YouTube. Ti lascio con uno dei miei video preferiti:

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