È stato poco dopo aver inaugurato il blog, che le viaggiatrici sono entrate nella mia vita. Da allora leggo e colleziono libri scritti da loro e su di loro. Non potevo quindi lasciarmi sfuggire Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione di Lucie Azema, pubblicato nel 2022 da Edizioni Tlon.
Come l’autrice, anche io a un certo punto ho iniziato a cercare “i miei classici” della letteratura di viaggio, costituiti quasi esclusivamente da voci femminili 1, mossa da un bisogno di cui però non capivo davvero l’origine. Questo saggio, che inquadra le opere scritte dalle viaggiatrici in una cornice femminista decostruendo al tempo stesso la narrazione maschile, mi ha aiutata a riflettere su quel bisogno.
Rompere le catene
Il libro è diviso in due parti, le dimensioni attorno alle quali l’autrice costruisce la sua analisi: essere libere di viaggiare ed essere libere per viaggiare. Nel primo caso le viaggiatrici hanno dovuto “rompere le catene che avevano attorno”, nel secondo quelle che avevano dentro. I temi toccati da Lucie Azema sono molti e ognuno di essi stimola ulteriori riflessioni.
Viaggi e avventure sono stati a lungo un territorio caratterizzato dall’esibizione della virilità, precluso alle donne e alle maschilità marginalizzate e subordinate. Con i loro racconti avventurieri ed esploratori hanno contribuito a diffondere una visione del mondo misogina, sessista e razzista, che ha giustificato il colonialismo e che attraverso l’erotizzazione dei territori e la trasformazione delle donne in un feticcio ha preparato la strada al turismo sessuale.
L’identità dell’Altro è stata incasellata in una narrazione fuorviante e falsata, negandone la singolarità e favorendo il distacco emotivo nei suoi confronti. Questa visione parziale del mondo non ha reso invisibile solo il punto di vista femminile, deleggittimando e svilendo le esperienze delle viaggiatrici, ma anche quello dei viaggiatori non occidentali, ai quali è stata negata la capacità di osservare e raccontare.
Il controllo del dicorso sull’Altro, grazie “un abile intreccio tra sapere e potere“, ha permesso ai popoli occidentali di esercitare la propria egemonia sui popoli non occidentali. Perciò, spiega Azema, è necessario decolonizzare l’immaginario del viaggio e far sì che “i popoli non occidentali si riapproprino dei racconti del mondo”.
Nella seconda parte del libro l’attenzione si sposta invece sulle catene interiori, che limitano la libertà di movimento delle donne tanto in giro per il mondo quanto in città. Per poter viaggiare le donne sono prima dovute uscire, fisicamente e moralmente.
Le donne sono storicamente esseri prigionieri, ed è per questo che il viaggio è uno dei modi più simbolici e potenti per affrancarsi dalla loro condizione: viaggiare per una donna è un atto fondatore, equivale a dire: «Vado dove voglio, appartengo solo a me stessa».
Donne in viaggio, Lucie Azema
Ancora oggi chi decide di viaggiare da sola o traferirsi altrove va spesso incontro a uno scoraggiamento sistematico, espresso sotto forma di premurosi avvertimenti per la sua incolumità. La paura dell’esterno accompagna molte donne fin da bambine e ha “una funzione sociale volta a sostenere il patriarcato“.
Quando si descrive l’esterno come un territorio minato per le donne, le si relega allo spazio esiguo della casa (statisticamente molto più letale), ma non si risolve davvero il problema delle molestie e della violenza maschile. […] Riprodurre le imposizioni sessiste, anche se in maniera premurosa, non fa che mantenere in vita questo stato di cose.
Donne in viaggio, Lucie Azema
Inoltre una donna che percorre da sola le strade del mondo o quelle della sua città è “socialmente inamissibile“. La sua solitudine viene percepita come un vuoto da riempire. Ecco, allora, che il vivere le strade di città dandosi alla flânerie — passeggiare senza una meta precisa — diventa un atto quasi rivoluzionario, dato l’ascendete simbolico degli uomini sullo spazio pubblico. Lucie Azema si sofferma poi su altri aspetti come il carico estetico delle donne, il ciclo mestruale e il rapporto tra maternità e viaggio.
Il sognare e il viaggiare, sempre che si tratti di attività diverse, permettono di riconnettersi con le emozioni selvagge, con un desiderio primitivo, arcaico, e realizzare le intuizioni nate durante l’infanzia, nelle profondità non addomesticate che ci abitano, portandoci al di là di ciò che avremmo mai immaginato. Poco importa il genere, il ceto, l’origine etnica o geografica, tutto si confonde: viaggiare è far spazio all’unica potenza selvaggia che abita i meandri del nostro fogliame intimo.
Donne in viaggio, Lucie Azema
Una direzione al mio sguardo
L’accesso delle donne al viaggio e all’avventura è un argomento ancora poco esplorato dagli studi femministi e a cui Lucie Azema, giornalista, femminista e viaggiatrice francese, si dedica da anni. Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione poggia su un’ampia bibliografia, che comprende letteratura di viaggio e classici del femminismo.
È un libro denso, ma scritto in modo snello e accessibile, che mi ha fatto fare capriole mentali e riempire fogli di annotazioni. Oltre ad avermi aiutata a riprendere il filo delle mie passioni in un periodo in cui mi ero persa di vista, ha dato una direzione al mio vorace e disordinato interesse per le viaggiatrici, delle coordinate per orientarmi nel mare di voci che hanno provato a raccontare il mondo e chi lo abita molto prima che io nascessi.
- E successivamente anche da quelle dei viaggiatori non occidentali.[↩]