Yusuf di Kuyucak è un classico della letteratura turca contemporanea, che mi ha portata a Edremit, una piccola città di provincia dell’Anatolia, vicina al mare Egeo. L’autore, Sabahattin Ali (1907-1948) lo ha scritto molto tempo fa, ma ancora oggi viene letto volentieri da ragazzi e ragazze.

A un certo punto della mia vita ho iniziato a visitare i luoghi in cui hanno visto la luce opere entrate nella storia della letteratura. Ricordo ancora le sensazioni provate al Brontë Parsonage Museum e a Monk’s House, due esperienze che porterò sempre nel cuore.

A fine anno, guardandomi indietro, traccerò una linea immaginaria fra il prima e il dopo, fra quando eravamo in tre e quando siamo diventati quattro, fra quello che ho letto e scritto durante la gravidanza e quello che avrò letto e scritto successivamente, nei ritagli di tempo rubati al sonno con la destrezza di un’acrobata di lungo corso, saldamente aggrappata a tazze di caffè.

François e Cécile sono due coniugi parigini, che da un giorno all’altro decidono di mollare tutto e cambiare vita. L’obiettivo? Comprare un riad a Marrakech e trasferirsi lì per un certo periodo di tempo, nonostante del Marocco sappiano poco o niente.

Tra i romanzi letti alla fine del 2021 c’è Il bell’ebreo di Ali Al-Muqri, che insieme ad almeno altri quattro libri attendeva da mesi un articolo su questo blog. Ambientato nello Yemen del Seicento, racconta la storia d’amore tra Salem, il figlio analfabeta di un artigiano ebreo, e Fatima, la figlia colta di un imam.

A Boros, un villaggio affacciato su un lago inquinato e senza nome, si vive principalmente di pesca. Mani, il protagonista, abita con i nonni materni, non sa chi sia il padre e ricorda solo vagamente la madre. Ha tre anni quando lo incontriamo per la prima volta ed è un giovane uomo quando infine, dopo un lungo peregrinare attraverso esperienze difficili e toccanti, torna al paese d’origine.