Dai Docks a Oxford Street, dalla casa di John Keats a tre luoghi simbolo di Londra. Lo sguardo incantato, ma affilato e obiettivo di Virginia Woolf sulla sua città.

Londra, dicembre 1931 – ottobre 1932: sulla rivista Good Housekeeping compaiono sei brevi saggi dedicati alla capitale inglese cresciuta sulle rive del Tamigi. L’autrice è una donna innamorata di questa città. Il suo nome è Virginia Woolf. Nata ad Hyde Park Gate nel 1882, una zona centrale nota per i suoi cittadini famosi — tra i quali Sir Winston Churchill —, la scrittrice trascorre a Londra gran parte della sua vita, cambiando più volte casa.

Agli inizi degli anni Trenta i coniugi Woolf abitano al civico 52 di Tavistock Square, nel quartiere di Bloomsbury. Ci si erano trasferiti nel 1924 dopo 9 anni passati nell’area suburbana di Richmond. “Uno di questi giorni scriverò di Londra” annotava nel suo diario il 5 maggio 1924:

London is enchanting. I step out upon a tawny coloured magic carpet, it seems, and get carried into beauty without raising a finger. And people pop in and out, lightly, divertingly, like rabbits; and I look down Southampton Row, wet as a seal’s back or red and yellow with sunshine, and watch the omnibuses going and coming, and hear the old crazy organ. One of these days I will write about London.

Il libro

Cinque dei sei saggi scritti per la rivista Good Housekeeping furono raccolti nel libro The London Scene, edito da Hogarth Press nel 1982. Erano già stati pubblicati a New York nel 1975 da Frank Hallman in un’edizione limitata (750 copie). Scene di Londra è la versione italiana uscita nel 2012, tradotta da Daniela Sandid per Passigli Editori.

Il primo saggio è dedicato ai Docks, le infrastrutture portuali sulle rive del Tamigi, dove approdavano imbarcazioni cariche di merci e materie prime provenienti da tutto il mondo. Chiusi a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso e oggetto di piani di riqualificazione urbana, ospitano oggi abitazioni e uffici.

La bellezza dei Docks, secondo la scrittrice, sta nel loro carattere “rigorosamente utilitaristico”. Un formicaio di attività umane, dove instancabili gru scaricano merci e materie prime per i negozi e le manifatture cittadine, che fornisce a Virginia lo spunto per una riflessione interessante:

Siamo noi — i nostri gusti, le nostre mode, le nostre esigenze, — a far calare e girare le gru, a richiamare le navi dal mare. Il nostro corpo è il loro capitano. […] Il mercato ci osserva con impazienza per vedere quali nuovi desideri stanno nascendo dentro di noi, quali nuove antipatie.

E se al porto “le cose si vedono allo stato grezzo”, a Oxford Street le vediamo invece trasformate. Questa strada “non è la via più prestigiosa di Londra”. È quella dei negozi, delle merci scontate, del caotico flusso di passanti e mezzi di trasporto; il luogo dove “le notizie cambiano più in fretta che in qualsiasi altra parte di Londra”.

I palazzi di Oxford Street sono fragili impalcature. Una caratteristica che la scrittrice non critica come fanno i moralisti; lei non ci vede la frivolezza e l’ostentazione di un’epoca, ma il fascino della Londra moderna, un impulso che “favorisce l’invenzione e la creatività”.

Il fascino della Londra moderna risiede nel fatto di non essere costruita per durare, ma per scomparire.

Dalla transitorietà degli edifici di Oxford Street si passa, nel terzo saggio, alle case dei grandi uomini, conservate dalle autorità a beneficio di tutti. Woolf riconosce agli scrittori un talento non comune: quello di riuscire a imprimere di sé i loro beni in modo più indelebile delle altre persone.

Come non darle ragione? È quello che ho pensato anch’io a casa di Bertold Brecht; sembrava quasi di sentirne la presenza, seduto al tavolo vicino alla finestra intento a battere i polpastrelli sui tasti della sua Quite Deluxe Royal. Per non parlare di quando sono stata a casa delle sorelle Brontë.

Nel descrivere la casa di Hampstead, dove il poeta John Keats visse tra il 1818 e il 1820 insieme all’amico Charles A. Brown e all’amata Fanny Brawne, Virginia sostiene che ogni casa ha la sua voce e i luoghi (ma anche le case) una propria stagione. Ad Hampstead è sempre primavera e la voce della casa di Keats è “la voce delle foglie che stormiscono al vento”.

Portrait of a Londoner: il mistero del saggio perduto e poi ritrovato

Scene di Londra prosegue con altri tre saggi che si soffermano su alcuni luoghi simbolo della cittàCattedrali e abbazieQuesta è la Camera dei Comuni e Ritratto di una londinese. Confrontando St. Paul Cathedral e l’Abbazia di Wenstminster le dichiara molto diverse l’una dall’altra: mentre la prima è un luogo di pace e solennità, dove si è portati a riflettere sulla vita e sulla morte e le tombe di grandi uomini esaltano le virtù civili, l’altra è l’esatto opposto e gli uomini e le donne sepolti al suo interno non sono sempre stati simbolo di grandi virtù.

L’ultimo saggio, dedicato alla vita di una “vera cockney” — una certa Mrs Crow il cui passatempo principale è il pettegolezzo —, riserva delle sorprese.

Nessuno può dire di conoscere Londra se non conosce un vero cockney – se non prende una strada secondaria, lontano dai negozi e dai teatri, e non bussa a una porta privata in una strada di case private.

Dietro Portrait of a Londoner — questo il titolo originale — c’è infatti una storia che da amante dei libri definirei romantica, quella di una sparizione e di un ritrovamento. È andata più o meno così: Emma Cahill, della casa editrice Snowbooks, acquista una copia di The London Scene in una libreria antiquaria londinese. Essendo un libro fuori commercio dal 1982, decide di ripubblicarlo, ma non prima di aver scoperto cosa ne è stato del sesto e ultimo saggio, quello non incluso nella raccolta di Hogarth Press. Lo trova, nel 2004, “nascosto” negli archivi dell’Università del Sussex.

E perché sarebbe stato escluso dalla pubblicazione di The London Scene? Secondo Emma Cahill il motivo potrebbe essere legato alla natura del saggio, diverso dagli altri in quanto basato su un personaggio fittizio. I sei scritti pubblicati da Good Housekeeping erano stati concepiti per intrattenere il pubblico, e secondo A. M. Kaempf è proprio in Portrait of a Londoner che questa caratteristica emerge con più forza.

Risorse

Scene di Londra è il ritratto fedele di una città ancora oggi caotica e multiforme. È un libro che sono felice di aver scoperto e che consiglio a chi ama Virginia Woolf e Londra. Ha solo 78 pagine e si legge tutto d’un fiato. Lo sguardo di Virginia coglie nel segno e non esita a soffermarsi sugli aspetti meno belli della città: è innamorata sì, ma non cieca. E noi, che osserviamo Londra attraverso i suoi occhi, sappiamo di poterci fidare.

Il tono di voce è camaleontico e diventa quasi irriverente in Questa è la Camera dei Comuni. Scene di Londra è solo un piccolo assaggio della maestria di una grande scrittrice. Nei diari sono molte le pagine dedicate alle impressioni sulla città a cui era legata. Dal momento che dei Docks non sapevo nulla mi sono documentata un po’. Questo è quello che ho trovato:

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