Middlesex, pubblicato nel 2002 e vincitore del premio Pulitzer, è il secondo romanzo di Jeffrey Eugenides, autore di Le vergini suicide, un libro del 1993 da cui sei anni dopo è stato tratto il film Il giardino delle vergini suicide diretto da Sofia Coppola. L’ho ricevuto come regalo di compleanno nell’edizione tascabile Picador (596 pagine). La versione italiana, tradotta da Katia Bagnoli, è uscita per Mondadori nel 2003.

Il romanzo è in parte ambientato a Berlino, città in cui Eugenides ha vissuto dal 1999 al 2004. Protagonista e narratore dei fatti è Cal Stephanides, alla nascita Calliope Helen Stephanides. Cal è un ermafrodito, il risultato di una mutazione genetica e di un segreto inconfessabile. Per far luce sulla sua storia deve raccontare quella della sua famiglia.

Nel 1922, a causa del conflitto greco-turco, Desdemona e Lefty, nonni paterni di Cal, fuggono da un villaggio greco dell’Asia Minore e raggiungono l’America. A Detroit, città nel pieno del suo sviluppo economico grazie alla florida industria automobilistica, gli Stephanides iniziano una nuova vita, tra difficoltà, preoccupazioni, speranze e piccole gioie. 

L’ermafroditismo di Cal, che occupa un posto marginale nel romanzo, è in realtà il pretesto per introdurre una saga familiare inquadrata nel contesto storico e culturale dell’America tra gli anni ‘20 e gli anni ‘70 del Novecento e gli eventi che l’hanno caratterizzato: il proibizionismo, la crisi economica del 1929, la seconda guerra mondiale, quella in Vietnam, le leggi razziali e la rivolta di Detroit del 1967.

Il romanzo, scritto come fosse un memoir, si sposta continuamente tra passato e presente; l’uso della prima persona cede per un po’ il passo alla terza quando Cal scopre di essere un ermafrodito. Il protagonista è un narratore onnisciente: guida il lettore con disinvoltura all’interno di vicende che descrive come se le avesse vissute, compresa la sua nascita (in un passaggio del testo, però, mette in dubbio la sua reale conoscenza dei fatti). Sa tutto degli altri personaggi del romanzo, ne conosce anche i pensieri.

I molti temi presenti — tra cui l’immigrazione, l’integrazione, la diversità, la ricerca di un’identità, il sogno americano e i problemi razziali — vengono affrontati con leggerezza e ironia, cosa che ho apprezzato perché contribuisce a rendere scorrevole la narrazione e più digeribili argomenti complessi. La stessa condizione di Cal è trattata senza drammaticità o commiserazione.

Non è un libro pesante, ma non sono riuscita a leggerlo tutto d’un fiato. C’è tanto in questo romanzo, forse anche troppo. Cal è verboso, ma coinvolgente, e la sua storia interessante. È un peccato che l’autore non gli abbia dedicato più spazio. Nell’insieme Middlesex mi è piaciuto e lo inserisco a pieno titolo nella classifica dei libri da leggere prima, durante o dopo un viaggio a Berlino.

Cal e Berlino

Il percorso individuale di Cal è complicato, una “battaglia per l’unificazione”. Quale città migliore di Berlino per riflettere questa lotta interiore? Ecco cosa dice al riguardo:

In another year or two I’ll leave Berlin, to be posted somewhere else. I’ll be sad to go. This once-divided city reminds me of myself. My struggle for unification, for Einheit. Coming from a city still cut in half by racial hatred, I feel hopeful here in Berlin.

Detroit e Berlino: la prima è una città divisa dall’odio razziale; la seconda una città divisa e poi riunificata. Entrambe rispecchiano il cammino di Cal verso l’agognata unità, ma la capitale tedesca offre al protagonista la speranza di poter vivere, un giorno, la sua sessualità alla luce del sole e di essere amato per quello che è.

Sulle tracce di Eugenides a Berlino

Jeffrey Eugenides è nato a Detroit nel 1960 e per cinque anni ha realmente vissuto a Berlino. In questa città ha ambientato il presente di Cal — che nel momento in cui scrive le sue memorie ha 41 anni, lavora per l’ambasciata americana e vive da uomo — e ha terminato la scrittura del romanzo, iniziata anni prima, subito dopo la pubblicazione di Le vergini suicide.

Lo scrittore ha abitato nel quartiere di Schöneberg (lo stesso di Cal), occupando l’appartamento più famoso della città: quello condiviso da David Bowie e Iggy Pop tra il 1976 e il 1979 a Hauptstrasse 155, che oggi ospita uno studio dentistico. Lì vicino c’è il luogo in cui, secondo la mia Lonely Planet, Eugenides andava di tanto in tanto a scrivere Middlesex: il Möve im Felsenkeller, un bar con un’ampia selezione di birre citato anche nel romanzo.

Berlino: Möve im Felsenkeller
Berlino: dentro il Möve im Felsenkeller, nella stanza dove scriveva Eugenides | foto mia

Ci sono stata qualche settimana fa. Non dà nell’occhio dalla strada. Vale la pena farci un salto. Si trova a Akazienstrasse 2 ed è ottimo per una birra e una chiacchierata tranquilla (apre alle 4 del pomeriggio). All’interno, a differenza di molti altri locali berlinesi, è vietato fumare; offre anche la possibilità di mangiare un piatto caldo. L’atmosfera è intima, specialmente nella piccola stanza sopraelevata accanto alla cucina, quella dove Eugenides si sedeva a scrivere (sempre secondo la mia guida, al tavolino rotondo all’angolo. Un tavolo rotondo c’è, ma non si trova più all’angolo).

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