23 settembre 1960: lo scrittore John Steinbeck (1902-1968) parte per un viaggio on the road attraverso gli Stati Uniti d’America in compagnia di Charley, un barboncino francese con la prostatite. 

Ronzinante, il furgone roulotte di Steinbeck
Ronzinante, il furgone-camper usato da Steinbeck per il suo viaggio on the road, gli permise di muoversi senza essere riconosciuto. È esposto al National Steinbeck Center di Salinas in California.

Il racconto dell’esperienza a bordo di Ronzinante, il furgone-camper acquistato per l’occasione, viene pubblicato nel 1962 con il titolo Travels with Charley — In search of America e diventa subito un best-seller.

Nei due anni che intercorrono tra il viaggio di Steinbeck e la pubblicazione del libro, John F. Kennedy viene eletto presidente degli Stati Uniti (gennaio 1961), succedendo a Eisenhower; il mondo è in piena Guerra Fredda e sfiora la catastrofe nucleare durante la crisi dei missili di Cuba (ottobre 1962); il razzismo negli USA, in particolare quello nei confronti degli afroamericani, è ancora un tema caldo; la guerra in Vietnam continua a mietere vittime; il consumismo, lo spreco e l’inquinamento sono già un problema. Il Cile è scosso dal terremoto più forte del secolo; diciassette colonie africane ottengono l’indipendenza; in Europa inizia la costruzione del Muro di Berlino (agosto 1961) ed esce Love me do, il primo 45 giri dei Beatles. 

La mia copia di Travels with Charley
La mia copia vintage (1986) di Travels with Charley

Quando intraprende questo viaggio Steinbeck ha 58 anni; ne sono passati 25 dall’ultima volta che ha tastato il polso del Paese. Spinto dalla necessità di riscoprirlo e dal desiderio di avventura, lascia la sua casa di Sag Harbor (Long Island, New York), arriva fino alla punta settentrionale del Maine e si spinge nel Midwest; poi si dirige a sud attraversando gli stati affacciati sulla costa occidentale; raggiunge il Texas, dove si ferma per il Thanksgiving, fa una sosta in Louisiana e riprende la strada del ritorno verso nord-est. In tre mesi percorre circa 10.000 km e attraversa 33 stati.

Si muove per lo più su strade secondarie, poco trafficate rispetto alle grandi arterie, e si ferma a parlare con la gente comune. Da questi incontri nascono riflessioni interessanti su questioni centrali dell’opinione pubblica americana.

A journey is a person in itself; no two are alike. (Steinbeck) Condividi il Tweet

Affronta temi come il consumismo, l’inquinamento, il razzismo, gli immigrati, la guerra e la questione atomica. Ma scrive anche di solitudine, scrittura, cambiamento e del sentirsi stranieri nella propria terra.

Travels with Charley è il frutto di un viaggio a lungo immaginato — un viaggio fisico e interiore allo stesso tempo —, che il biografo di Steinbeck, Jackson Benson, definì “un atto di coraggio” vista la sua salute precaria. Motivo per il quale non pochi inizialmente tentarono di dissuaderlo dall’impresa, inclusa la moglie Elaine.

Steinbeck vuole capire il Paese e chi ci vive, ma quello che viene fuori non è il ritratto fedele, oggettivo e verificabile di una nazione, perché, come dichiara nel libro, esistono tante realtà quanti sono i punti di vista.

So much there is to see, but our morning eyes describe a different world than do our afternoon eyes, and surely our wearied evening eyes can report only a weary evening world.

Travels with charley

Dialoghi e riflessioni si alternano a immagini vivide e ricche di dettagli in un testo sobrio, equilibrato, godibile, che a volte strappa un sorriso, altre incanta e in qualche caso lascia l’amaro in bocca.

La parte finale non mi ha convinta. L’ho trovata frettolosa e un po’ incongruente con il resto del libro. Lo spirito iniziale che anima il viaggio viene meno, qualcosa si rompe. Inoltre, alcuni degli incontri fatti dall’autore mi sono sembrati poco autentici, come se li avesse inventati. In seguito ho capito perché.

Quanto ha influito la mano esperta dello Steinbeck romanziere su questo libro? E fino a che punto è lecito manipolare quello che dovrebbe essere il racconto autentico di un viaggio?

Realtà e finzione

Nel 2010, a cinquant’anni dall’on the road di Steinbeck, alcuni giornalisti ne hanno ripercorso le orme per capire quanto e come gli Stati Uniti fossero cambiati dal 1960. Tra questi Geert Mak e Bill Steigerwald, partiti ognuno per conto proprio lo stesso giorno in cui anche lo scrittore lasciò Sag Harbor. Da queste esperienze sono nati due libri: Mak ha pubblicato In America: Travels with Steinbeck (2014), Steigerwald Dogging Steinbeck (2012).

We find after years of struggle that we do not take a trip; a trip takes us. (Steinbeck) Condividi il Tweet

Le ricerche fatte per poter ricalcare fedelmente l’itinerario di Steinbeck hanno spinto entrambi alla conclusione che Travels with Charley non è un racconto di viaggio autentico. Steigerwald (N.d.B. che mi è sembrato il più agguerrito) arriva a definirlo “a fraud“, un libro che ha tratto in inganno i lettori per cinquant’anni. Alcuni dialoghi e aneddoti sarebbero inventati; inoltre Steinbeck viaggiò per buona parte del tempo in compagnia della moglie Elaine e dormì spesso in motel, hotel di lusso o da amici della coppia.

Articoli di riferimento:

Note a margine

Racconto di viaggio autentico o no, Travels with Charley resta, secondo me, un must per gli appassionati di Steinbeck, di USA, di viaggi in generale e di viaggi on the road in particolare; è inoltre utile a chi vuole imparare a scrivere di viaggi ed è, last but not least, il libro perfetto per gli amanti dell’autunno.

La prima edizione italiana di Travels with Charley è uscita nel ’69 per Rizzoli con il titolo Viaggio con Charley tradotto da Luciano Bianciardi; nel 2017 Bompiani ha pubblicato Viaggi con Charlie. Alla ricerca dell’America, tradotto da Luigi Sampietro.

Sai quale parte del libro mi ha incantata? La descrizione del bosco di sequoie. Così tanto da spingermi a inserire la voce “vedere un bosco di sequoie” nella mia bucket-list.

The redwoods, once seen, leave a mark or create a vision that stays with you always. No one has ever successfully painted or photographed a redwood tree. The feeling they produce is not transferable. From them comes silence and awe. It’s not only their unbelievable stature, nor the color which seems to shift and vary under your eyes, no, they are not like any trees we know, they are ambassadors from another time.”

Travels with Charley
Ruby Bridges è stata scortata da agenti dell’FBI per un anno intero

E l’episodio che mi ha lasciato l’amaro in bocca? Quello delle “cheerleader“: un fatto realmente accaduto davanti a una scuola elementare di New Orleans nel novembre del 1960, di cui Steinbeck ci ha lasciato una testimonianza di prima mano.

La scena è questa: una folla di persone radunata come ogni mattina davanti alla William Frantz Elementary School, capeggiata da un gruppo di donne bianche urlanti (le cheerleader, appunto) insulti osceni (che Steinbeck non trascrive) a una bambina afro-americana scortata da agenti dell’FBI, la prima ad entrare in una scuola frequentata fino a quel momento solo da bianchi. Quella bambina, di cui Steinbeck non conosceva il nome, era Ruby Bridges e oggi è un’attivista.

Ronzinianamente tua
Katy Poppins

Ho creato Altrove, una newsletter trimestrale che arriva nella tua casella di posta a ogni cambio di stagione. Vuoi riceverla? Iscriviti ora.

Allevatrice di unicorni e dirigente di una multinazionale di idee. Da grande vorrebbe diventare ambasciatrice di sorrisi e indossare solo abiti color turchese.