Mentre scrivo questo post sono quasi le tre del pomeriggio. Fra poco, come d’abitudine, andrò a camminare. Il passo sarà veloce e la mente impegnata nell’ascolto di un podcast. Un’ora, non di più. Camminare è l’attività umana più naturale che ci sia e mi piace così tanto che un viaggio a piedi lo farei volentieri.
Spesso camminare è un espediente per riprendere contatto con se stessi.
David Le Breton
Il mondo a piedi. Elogio della marcia l’ho acquistato cinque anni fa, attratta dalla bellezza delle cose lente. Nonostante l’interesse per l’argomento, però, l’ho iniziato e abbandonato nel giro di 20 pagine. Non era il momento adatto per una lettura del genere. Ma quello prima o poi arriva. E così è stato. Nel silenzio di queste giornate di fine inverno, con la luce che avanza timidamente e le temperature che diventano via via più gradevoli, leggerlo mi è sembrata una buona idea.
Elogio della marcia
Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi.”
David Le Breton
Inizia così questo libro di David Le Breton, antropologo e sociologo, professore all’Università di Strasburgo. Pubblicato nel 2000 da Editions Métailié con il titolo Eloge de la marche, è uscito in Italia nel 2001 nella collana Feltrinelli Traveller — tradotto da Ester Dornetti — e ristampato nel 2003 per l’Universale Economica Feltrinelli.
L’autore affronta tutti gli aspetti della marcia, tra questi il sonno, il silenzio, gli animali, lo scrivere, i bagagli, la solitudine, il corpo, le ferite. Il libro è piccolo — solo 118 pagine — ma ricco di spunti di riflessione e citazioni di uomini che hanno camminato molto e hanno raccontato i loro viaggi. Ne ho selezionati alcuni:
BAGAGLIO – Prima di partire bisogna decidere cosa mettere nello zaino, facendo attenzione a non esagerare. Il bagaglio non deve diventare un ostacolo alla marcia. E Rodolphe Toepffer ricorda di munirsi anche di un’altra cosa molto utile:
In viaggio è bene portare, oltre allo zaino, una provvista di allegria, di entusiasmo, di coraggio e di buonumore.
Rodolphe Toepffer
SOLITUDINE – Camminare da soli o in compagnia? Robert Louis Stevenson non ha dubbi: meglio la solitudine. Come non dargli torto?
Per godere veramente di una passeggiata bisogna essere soli. In gruppo, o anche in due, non è più una passeggiata; è un’altra cosa, e merita piuttosto il nome di scampagnata. La passeggiata va fatta da soli, perché il suo tratto intrinseco è la libertà.
Robert Louis Stevenson
SILENZIO – Il silenzio è una cosa sempre più rara. Anni fa mi spaventava, ora ne ho un bisogno vitale. Per Le Breton è “una strada che conduce a se stessi”, serve a raccogliere forza interiore prima di ritornare al rumore del mondo. E di fronte alla bellezza della natura, il silenzio sembra l’unica strada praticabile per non rovinare l’atmosfera con chiacchiere inutili.
Bisogna saper tacere per non rompere il vaso infinitamente fragile del tempo.
David Le Breton
SCRITTURA – A Stevenson non gli riusciva di scrivere durante un viaggio; aveva bisogno di eliminare dai ricordi le impurità per farne emergere l’essenza. Le Breton considera il racconto di un viaggio un “modo per eludere il tempo” perché in caso di nostalgia si ha la possibilità di rileggere quanto scritto. Senza foto né appunti lo sforzo di ricordare è, ovviamente, “votato al fallimento”.
APERTURA AL MONDO – Ecco la mia parte preferita: per l’autore camminare è aprirsi al mondo, un’utile scuola di vita che utilizza il corpo e i sensi; è “un’attività antropologica”:
Chi va a piedi raramente ha l’arroganza dell’automobilista o di chi usa il treno o l’aereo, perché sta sempre ad altezza d’uomo.”
David Le Breton
In città
Un capitolo a parte è dedicato alla marcia in città. Le Breton definisce prima di tutto il concetto di bighellonare, che è quello che fa chi cammina in un contesto urbano. Il bighellone è disponibile alle scoperte, “è un sociologo dilettante, ma anche, in potenza, un romanziere, un giornalista, un politico, uno scopritore di aneddoti”. Tra i 5 sensi, quello più coinvolto durante una passeggiata in città è la vista; l’occhio è continuamente stimolato. L’udito, invece, soffre, perché i rumori si vivono come un’interferenza tra se stessi e il mondo.
Uomini avventurosi e marce estreme
L’autore sceglie quattro figure le cui storie lo hanno particolarmente affascinato: Cabeza de Vaca, René Caillé, Richard Burton e Michel Vieuchange. Uomini del passato — ai quali dedica un capitolo a parte — che si sono sottoposti a marce estreme per inseguire i propri sogni, avventurandosi in luoghi all’epoca ostili e pieni di pericoli e rischiando la vita di continuo.
Itinerari spirituali
Il concetto moderno di peregrinatio come esercizio di spiritualità nasce nell’Alto Medioevo. I pellegrini, però, c’erano anche prima, solo che il termine era associato all’idea di esilio. Ardua la vita del pellegrino, esposto a mille pericoli durante il tragitto.
Ancora oggi si va, per esempio, a Compostella, non tanto per “un’ostentazione di fede — dice Le Breton — quanto per una ricerca personale di spiritualità, o il desiderio di avere del tempo per se stessi, di rompere con i ritmi e i sistemi del mondo contemporaneo”.
In Asia, i sadhu diventano pellegrini per avvicinarsi al divino. E i lung-gom-pa tibetani, grazie al controllo della respirazione, viaggiano in trance, macinando chilometri senza curarsi della stanchezza e delle difficoltà; camminare diventa così un’esperienza di fusione col mondo.
Camminare: un toccasana per la creatività
Artisti, scrittori, pensatori, scenziati, uomini e donne passati alla storia: molti di loro avevano l’abitudine di camminare ogni giorno o di viaggiare a piedi. Oltre a Chatwin, Stevenson e Thoreau, mi vengono in mente Virginia Woolf, Charles Darwin, Charles Dickens, Gandhi, Jean-Jacques Rousseau, Aristotele, Friedrich Nietzsche. Zest Letteratura Sostenibile ci ricorda che William Burroughs nei suoi corsi di scrittura creativa invitava gli studenti a camminare e che Honoré de Balzac aveva scritto un saggio sull’argomento.
4 commenti
Presente! Ho sempre camminato. Mi ci è voluto un po’ per capire che potevo farlo anche in città, non solo in vacanza, in montagna. In città si tende a prefiggersi una meta, serve la scusa di una commissione. Invece con la maternità ho cominciato a scoprire che non serviva la rabbia giovanile con cui uscivo di casa dopo una discussione coi miei, pure di prendere aria, oppure una spesa da fare. Esci, senza nemmeno scegliere, a volte. L’atto ripetitivo del passo schiude enormi cose. Il fuori e il dentro si mescolano, ti scambi col mondo, senza parlare, senza fare.
Benvenuta Maddalena e grazie per essere passata di qui 🙂
Bello quello che hai detto alla fine “L’atto ripetitivo del passo schiude enormi cose. Il fuori e il dentro si mescolano, ti scambi col mondo, senza parlare, senza fare”. Concordo pienamente. Camminare mi sta insegnando molto e mi sta aiutando molto. Sto cercando di auto-disciplinarmi anche in questo, perché ne vedo i benefici. In passato comunque pure io camminavo solo quando avevo una commissione da fare o magari un’amica da incontrare. Poi gradualmente le cose sono cambiate (mi hanno cambiata 12 anni di vita in montagna e l’influenza di mia madre che in estate si alza alle 6 per andare a camminare) e ora è diventato vitale. Esco sempre senza un piano preciso e vado a naso. 🙂
Arrivo qui e scopro un nuovo post!
A Roma, dove posso, vado sempre a piedi. Mi faccio anche 45 minuti di camminata per arrivare al cinema.
Un viaggio a piedi lo farei anche io, magari attraversando l’Islanda.
Nel 2012 andai nei fiordi norvegesi, da solo, partendo con un zainetto da 40 litri circa, in cui ho ficcato anche tenda e sacco a pelo. Da allora ho capito che si può viaggiare leggeri. Ho camminato parecchio, tanto da avere i piedi pieni di vesciche.
Mi segno quel libro, per ora.
Dev’essere stato bellissimo il viaggio che hai fatto. Ho gli occhi a cuore.
Io per ora mi limito a fare i chilometri a piedi qui in città, anche perché non ho altri mezzi di locomozione. Potrei prendere il bus, ma spesso preferisco camminare. Ormai è diventata un’attività quotidiana.
PS. mi dispiace che non ti arrivino le notifiche. :/