Kader Abdolah è uno scrittore iraniano naturalizzato olandese di cui ho sentito parlare per la prima volta da Elena del blog Storie di San Francisco. Tra i libri dell’autore, pubblicati in Italia dalla casa editrice Iperborea, ho scelto l’ultimo arrivato Uno scià alla corte d’Europa, tradotto da Elisabetta Svaluto Moreolo.
Questo romanzo non è solo un viaggio nell’Europa di fine Ottocento vista attraverso gli occhi di uno scià che lascia Teheran con una lunga carovana di carri e carrozze, in compagnia di funzionari, principi, mogli e domestici, per andare alla scoperta del vecchio continente; è molto di più: un viaggio nell’Europa odierna.
A raccontare l’avventura dello scià è Seyed Jamal, un professore iraniano di lingue e civiltà orientali all’università di Amsterdam che ne ritrova il diario e decide di scriverci un libro. Lo fa utilizzando delle brevi hekayat, un’antica forma narrativa orientale dove all’interno di una storia compaiono altre storie, come accade in Le mille e una notte.
Mettiti in viaggio e sarà la strada a indicarti come proseguire. (Uno scià alla corte d'Europa) Condividi il TweetIl resoconto dello scià non ha una data specifica e, nonostante duri sei mesi, comprende eventi relativi a un periodo che va dal 1870 al 1890. Lo stesso Jamal dubita della verità di alcuni fatti narrati e ammette di non riuscire a distinguere cosa è vero da cosa non lo è.
Lo scià, diventato re suo malgrado, è un uomo inetto, cresciuto all’ombra di una corte fastosa e piena di intrighi, in un paese ricco di storia e tradizioni, lontano anni luce dall’intraprendenza e dal dinamismo europei. È spietato con i suoi nemici e con chiunque sospetti di tradimento, ma ha l’animo di un fanciullo, è curioso e dalla sua avventura in Europa desidera trarre un libro.
Durante il viaggio incontra principi, re e regine, scrittori, artisti, musicisti famosi, ricchi industriali e scienziati. Visita la Russia, la Germania, la Polonia, il Belgio, la Francia, i Paesi Bassi e l’Inghilterra. Prende gradualmente coscienza di sé e dell’arretratezza dell’Iran, anche se alcune cose gli sfuggono o non ne comprende del tutto la portata. Pagina dopo pagina lo scià si incupisce.
La storia non la si mette in un cassetto. La si studia. (Uno scià alla corte d'Europa) Condividi il TweetTra una hekayat e l’altra irrompe il presente di Seyed Jamal, alter ego di Abdolah, che in qualità di attento testimone del suo tempo riporta alcuni importanti fatti di cronaca accaduti di recente e nel momento in cui scrive: la sparatoria nella redazione di Charlie Hebdo, il Capodanno di Colonia, gli attentati in Francia e Germania, quello di Bruxelles. E poi la guerra in Siria, l’arrivo di milioni di rifugiati in Europa, la Brexit.
L’Europa dello scià è culturalmente effervescente e al passo coi tempi, ma sottoposta a rivolgimenti politici, sociali ed economici che preannunciano il baratro delle due guerre. L’Europa di Seyed Jamal è quella degli ultimi anni, a noi familiare, caratterizzata da divisioni interne, paura, intolleranza e chiusura verso l’altro; un continente di nuovo alle prese con cambiamenti che ne stanno sconvolgendo l’assetto politico e sociale.
«Voi siete matti», mi disse Iris più tardi. «Io proprio non vi capisco, voi orientali. Come fate a fare queste cose?»
Uno scià alla corte d’Europa
«È il miracolo dell’immigrazione», la canzonai, «la fuga ha una sua logica. La fuga ti fa superare ogni barriera, anche quella delle liste d’attesa, della cardiologia e soprattutto di te stesso.»
E anche le barriere dell’amore, ma questo non gliel’ho detto.
Il viaggio dello scià offre a Jamal l’occasione di riflettere sulla sua identità di uomo iraniano trapiantato nei Paesi Bassi. Attraverso questi due personaggi passato e presente si incontrano, e Abdolah invita il lettore a riflettere a sua volta sulla propria identità, sulla ciclicità della Storia, sull’immigrazione, sull’integrazione e sul futuro dell’Europa.
Di Uno scià alla corte d’Europa mi è piaciuto il gioco di specchi tra due periodi storici lontani eppure simili e il confronto tra Oriente e Occidente. L’autore tocca temi attuali e delicati senza mai essere pesante. Ho inoltre apprezzato l’uso delle hekayat, che alleggerisce il racconto conferendogli un’atmosfera sospesa tra fantasia e realtà.
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Allevatrice di unicorni e dirigente di una multinazionale di idee. Da grande vorrebbe diventare ambasciatrice di sorrisi e indossare solo abiti color turchese.