La restauratrice di libri (SEM, 2021) è il terzo romanzo di Katerina Poladjan, pubblicato in Germania nel 2019 con il titolo Hier sind Löwen. Come nelle mappe antiche, dove sui territori inesplorati compariva la locuzione latina Hic sunt leones1, anche la vita di Helene Mazavian è fatta di spazi bianchi, luoghi ancora sconosciuti.
È tedesca e ha origini armene, ma delle sue radici sa ben poco. Quando va a Erevan per imparare le tecniche della legatoria armena presso il Matenadaran2, si porta dietro una vecchia fotografia di famiglia scattata a Artašat nel 1957. La madre gliel’ha affidata prima della partenza, chiedendole di cercare le tredici persone riprodotte nella foto.
A questa ricerca delle sue radici, iniziata senza troppa convinzione, se ne affianca un’altra. Durante il restauro di un evangeliario domestico del 1710, Helene si imbatte in nomi, date, annotazioni e in una supplica: “Hrant non si sveglia, aiutami, fallo svegliare”. Chi è Hrant? E chi ha scritto quella frase? Sulla scorta dei pochi indizi raccolti finirà col recarsi in Turchia, dall’altra parte dell’Ararat.
Hrant è un bambino armeno di 7 anni scappato da Ordu, città turca sul Mar Nero, cento anni prima, insieme alla sorella quattordicenne Anahid. Un Hans e una Gretel in fuga dai gendarmi, protagonisti involontari di una fiaba dell’orrore. Tutto ciò che hanno con sé è quell’evangeliario di famiglia.
La restauratrice di libri è un romanzo sull’esilio, sul dolore, sulla perdita, sul passato che morde e disfa le ali al presente, sull’impossibilità di conoscere realmente qualcosa. Costruito su due storie, che si inseguono alternandosi in una danza dai finali diversi, ha un ritmo veloce, favorito da numerosi dialoghi e da frasi concise e disadorne cariche di tensione e atmosfera.
Una è ambientata nel presente, l’altra nel passato; una è narrata dalla protagonista, l’altra in terza persona; una si aggrappa alla realtà con la forza dei dialoghi, l’altra si dissolve ed esce dal tempo, sconfinando in un sogno/incubo dove i personaggi si esprimono attraverso il discorso indiretto libero.
Bisogna essere fedeli alla vita, fedeli a Dio, diceva il padre ai suoi figli. Li guardava e si rendeva conto che non capivano. Non erano ancora in grado di capire che l’uomo non vive solo nella natura ma anche nella storia. Per quale ragione altrimenti gli uomini compongono sinfonie commoventi, cucinano prelibatezze che fanno dimenticare tutto, inventano formule matematiche, riflettono sull’infinito?
La restauratrice di libri, Katerina Poladjan
L’autrice omette, lasciando a chi legge la libertà di riempire i vuoti. Non offre risposte, ma naviga nell’incertezza della sospensione. La realtà, sembra dire Poladjan, è inconoscibile. I leoni restano lì dove sono. Solo il restauro di un libro, con il rigore della tecnica e l’esattezza dei gesti, garantisce appigli sicuri. La rilegatura diventa quindi un simbolo: è ciò che tiene uniti gli spazi vuoti nella mappa personale della protagonista.
Leggilo se…
— ti interessano i temi trattati nel romanzo
— vuoi calarti nella vita di una restauratrice di libri
— stai cercando un romanzo ambientato in Armenia che ti permetta di gettare uno sguardo sia sul suo passato sia sul suo presente
— ti piacciono i romanzi ricchi di dialoghi (qui non sono male, anche se a volte mi sono sembrati un po’ forzati) e quelli che non danno risposte
«Helene, perché qui non ha completato la figura?» mi chiese qualche giorno dopo Evelina, sfiorando con le dita la pagina con le miniature strappate.
La restauratrice di libri, Katerina Poladjan
«Guardando questi vuoti possiamo immaginare che un pavone faccia il bagno nella pozzanghera» risposi.
«È un ragionamento infantile. Noi non lavoriamo così. Per cortesia, almeno risarcisca la lacuna. Non mi aspetto che mi disegni un pavone, ma questo è uno strappo.» Prese una sedia e si mise accanto a me.
«Questa è storia» le dissi.
«La chiami come vuole, va riparata.»
L’autrice
Katerina Poladjan è una scrittrice e attrice russo-tedesca nata a Mosca nel 1971. È autrice di altri due romanzi (In una notte, altrove e Forse Marsiglia) e di un diario di viaggio (Dietro la Siberia). La restauratrice di libri, nominato per il Deutscher Buchpreis 2019, è in parte autobiografico. Anche suo nonno era armeno e sopravvisse al genocidio, salvato a sei anni dalla sorella maggiore. Fuggito in Russia, ha poi taciuto tutta la vita su quello che gli era accaduto.
Risorse
Il genocidio degli armeni (1915-16) è una ferita che a distanza di più di un secolo dai tragici avvenimenti non ha ancora ottenuto il pieno riconoscimento della comunità internazionale. Per approfondire l’argomento ti lascio come sempre alcune risorse:
— Cos’è il genocidio degli armeni del 1915 su Internazionale
— Il genocidio armeno nel cinema: il lungo silenzio e le rimozioni della memoria su Istituto Euroarabo