La scorsa primavera, spulciando la collana Scrittori del mondo della casa editrice Ilisso alla ricerca di letture a cui dedicare la Poppinsletter del solstizio d’estate, mi è capitato sotto gli occhi L’eredità, un romanzo della scrittrice palestinese Sahar Khalifa pubblicato nel 1997 con il titolo al-Mirath.

Zeinab (Zeina) Hamdan è un’antropologa americana, che va in Cisgiordania alla ricerca delle sue radici. Il padre, anni prima emigrato a New York e poi tornato in Palestina, si trova nel villaggio di Wadi al-Rihan ed è in punto di morte. A lei e agli altri membri della famiglia spetta una parte dell’eredità, ma dopo la sua dipartita, l’inaspettata gravidanza dell’ultima moglie, la giovane Fitna, postpone la divisione dei beni di nove mesi. Zeina ha quindi tempo sufficiente per immergersi in quel nuovo mondo a cui per metà appartiene e per capire meglio sé stessa.

Lei è l’osservatrice-narratrice il cui sguardo penetra il cuore di cose e persone per catturarne l’essenza, testimoniando non solo la lotta quotidiana di un popolo, le divisioni interne e le tensioni che lo percorrono, ma anche i rapporti di forza tra i sessi. Di Zeina, però, nel corso del romanzo perdiamo un po’ il polso. Mi è parso, infatti, che la narrazione di questo personaggio si indebolisca in mezzo alle storie degli altri personaggi, ben caratterizzati e sfaccettati, dei quali emergono meschinità, ipocrisia, fragilità, illusioni, desideri, speranze e conflitti interiori.

Copertina del libro di Sahar Khalifa, L'eredità. Sullo sfondo altri libri.

Con ironia, schiettezza e lucidità, Sahar Khalifa descrive la società palestinese di fine anni ‘90, nel periodo tra gli accordi di Oslo (1993) e l’inizio della Seconda Intifada (2000), dando vita a un’opera stratificata e aperta a molteplici letture. La parola “eredità” è già ambigua di per sé, soprattutto in una realtà come quella palestinese dove si lotta per l’appartenenza alla propria terra e quindi per la propria identità, e assume per ciascun personaggio un significato diverso. Qual è allora l’eredità che attende Zeina e i suoi parenti? La risposta si trova nell’ultimo capitolo, dove durante un festival culturale nel quale sono state riposte molte speranze, gli eventi prendono una piega inaspettata e la sfera privata collide con quella politica.

L‘impegno per la causa palestinese e i diritti delle donne sono i perni attorno ai quali si muovono la vita e i romanzi di Khalifa, che secondo Sharon Sasson in Time and Space in the Novels of Palestinian Writer1, andrebbero letti in ordine come fossero parte di unico libro, sia perché legati da temi e motivi ricorrenti sia perché seguono una successione cronologica e sono sempre ambientati in Palestina, seppure in posti diversi.

Anche in L’eredità Khalifa si sofferma sulla situazione delle donne palestinesi, che oltre alla prevaricazione e all’oppressione politica devono sopportare la prevaricazione e l’oppressione di una società patriarcale e maschilista. Tra l’altro, è uno dei primi romanzi arabi ad aver trattato l’argomento tabù delle migliaia di donne palestinesi che come Nahla, cugina di Zeina, sono state mandate a fare le insegnanti in Kuwait. Perso ogni contatto con le famiglie d’origine, hanno lavorato per supportare economicamente i padri e far studiare i fratelli, ma una volta tornate in patria, ormai in età matura, si sono ritrovate sole, senza nessuno che si prendesse cura di loro.

Un altro aspetto interessante è quello dell’esilio in seno alla propria terra: Nahla e i fratelli Mazen e Kamal, l’uno tornato in Cisgiordania dopo aver trascorso diversi anni altrove e l’altro emigrato in Germania, vivono in Palestina come fossero degli estranei, divisi tra il desiderio di agire e l’incapacità di fare alcunché. Infine la rappresentazione del rapporto con l’occidente, dei cui valori sono portatori Kamal e Zeina, le due figure più estranee e alienate del romanzo.

Era diventata una terra estranea. La terra della patria era diventata estranea. La terra dei sogni senza sogni. Il sogno della liberazione si era ridotto a uno slogan che non raggiungeva la terra, anzi, era diventato un incubo.

L’eredità, Sahar Khalifa

Consiglio L’eredità a chi desidera esplorare la letteratura palestinese e ha già un po’ di familiarità con la storia del paese e la sua complessa situazione politica. La postfazione di Paola Viviani è molto utile per inquadrare e comprendere meglio il romanzo, ma va letta alla fine (io l’ho letta all’inizio), perché menziona l’episodio chiave del finale e questo potrebbe rovinare l’effetto sorpresa.

— Leggi L’eredità, di Sahar Khalifa, Ilisso, 2011, traduzione di Lorenza Raiola, postfazione di Paola Viviani, pp. 304, € 15,00

L’autrice

Sahar Khalifa (Nablus, 1941) è una delle più note scrittrici palestinesi. Il suo primo romanzo è stato pubblicato nel 1974. Cinque delle sue opere sono state tradotte in italiano e fra i vari premi ricevuti c’è anche il premio Alberto Moravia (1996). Da sempre attenta alle tematiche femministe, nel 1988 ha fondato a Nablus il WAFAC — Women’s Affairs Center, con sedi a Gaza e a Amman.

I romanzi di Sahar Khalifa in italiano

Dei cinque romanzi di Khalifa tradotti in italiano alcuni non sono più in commercio, ma forse puoi trovare qualche copia usata su Libraccio. Questi i titoli pubblicati finora, oltre a L’eredità:

Una primavera di fuoco, 2008
— La svergognata. Diario di una donna palestinese,
2008
— La porta della piazza,
2002
— Terra di fichi d’India,
2002

P.S. Alla fine ho deciso di dedicare la Poppinsletter estiva all’Iran e scrivere qui un articolo su L’eredità. Nei prossimi mesi porterò sicuramente altri autori e autrici palestinesi su Letture in Viaggio, oltre a romanzi siriani, libanesi, turchi e iraniani, perché al momento la mia attenzione è focalizzata sulla letteratura e la storia di questi paesi. Nella Poppinsletter, invece, seguo l’ispirazione del momento. Vuoi scoprire dove andremo con l’edizione autunnale in uscita il 22 settembre 2021? Iscriviti ora.)

  1. Sasson si riferisce a un’osservazione del poeta marocchino e studioso di letteratura araba Ḥasan Najmī[]

Allevatrice di unicorni e dirigente di una multinazionale di idee. Da grande vorrebbe diventare ambasciatrice di sorrisi e indossare solo abiti color turchese.