Avete mai sentito parlare di Herman Kruk e della biblioteca del ghetto di Vilnius? Ne ho scoperto la storia due anni fa, leggendo Library – An unquiet history, e oggi ve la racconto.
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Non credevo l’avrei mai usato. Poi il mese scorso, dopo molte occhiate diffidenti, l’ho portato con me a Praga. In fondo che motivo c’era di comprarne un altro solo perché non amo i loghi stampati sulle cose che indosso? Uno zaino è sempre utile e a caval donato non si guarda in bocca, anche se a regalartelo è stata l’azienda per la quale hai lavorato.

Per una cacciatrice-scribacchina semi-seria di librosità l’organizzazione è importante. Deve informarsi sulla preda e pianificare l’attacco. Le sue armi sono: macchina fotografica, taccuino, occhiali da sole (danno un tono), voglia di curiosare e piedi instancabili.

Complici un compleanno e un matrimonio, a fine agosto ho lasciato Berlino per tornare in Abruzzo, dalla mia famiglia. Un mordi e fuggi fatto di tappe intermedie e piccole esperienze librose dovute al caso, con il quale ormai ho una relazione piuttosto solida. Pronti? Si parte!

Quando ho visitato Praga l’anno scorso l’ho fatto senza prepararmi sull’aspetto letterario. Non ho letto romanzi ambientati nella capitale ceca né seguito le tracce di Franz Kafka o di altri scrittori in giro per la città. Nonostante questo, le esperienze librose non sono mancate.

Dove c’è biblioteca c’è casa. L’ho capito in Inghilterra, quando fresca di trasferimento e con un inglese zoppicante ho rinunciato alla possibilità di utilizzarne una per un tempo che m’è parso lunghissimo. L’idea di dover comunicare con il personale rappresentava nella mia testa un enorme scoglio da superare.