Ho appena terminato M Train. Mentre cerco, a fatica, di rallentare il solito inarrestabile carosello di immagini e riflessioni scaturite dal libro, osservo la foto sulla copertina della mia edizione Bloomsbury.
Patti Smith è seduta al tavolo di un bar, con la schiena appoggiata al muro, la testa abbandonata sul palmo della mano destra, l’aria pensosa e una tazza di caffè a farle compagnia. Il bar è il Café ‘Ino di New York. Stava a Greenwich Village, e Smith, che abita nei paraggi, lo ha frequentato per anni. Poi la chiusura, ma prima l’ultimo caffè e l’immancabile foto ricordo seduta al suo tavolo preferito.
L’eco di Just Kids (2010), il memoir dedicato agli anni trascorsi insieme al fotografo Robert Mapplethorpe, dall’arrivo a New York all’ingresso nel mondo della musica, mi è rimasto dentro per un bel po’. Così mi sono avventurata tra le pagine di M Train con entusiasmo e curiosità, felice all’idea di ritrovarmi di nuovo per qualche giorno a tu per tu con la poetessa del rock.
“It’s not so easy writing about nothing” le dice, in sogno, un enigmatico mandriano. M Train non è altro che una collezione di ricordi senza un ordine temporale preciso. Il presente si mescola a situazioni oniriche e a frammenti di passato in un fluido e costante andirivieni dove gli oggetti sono protagonisti.
When my children were young I contrived such vessels. I set them to sail, though I didn’t board them. I rarely left the perimeter of our home. I said my prayers in the night by the canal draped by ancient longhaired willows. The things I touched were living. My husband’s fingers, a dandelion, a skinned knee. I didn’t seek to frame these moments. They passed without souvenir. But now I cross the sea with the sole aim to possess within a single image the straw hat of Robert Graves, typewriter of Hesse, spectacles of Beckett, sickbed of Keats. What I have lost and cannot remember. What I cannot see I attempt to call. Working on a string of impulses, bordering illumination.
M Train – Patti Smith
Oggetti che, gelosamente conservati o distrattamente perduti, veicolano ricordi. Come i sassi raccolti insieme al marito Fred nella prigione di Saint-Laurent, nella Guiana francese, raccontata da Jean Genet in Diario del ladro, la sedia del padre, da lei tanto ammirato, o il libro rivelazione L’uccello che girava le viti del mondo di Murakami, dimenticato nel bagno dell’aeroporto di Houston.
M Train è permeato da un forte senso di nostalgia; per i familiari, per gli amici che non ci sono più e, soprattutto, per il marito Fred “Sonic” Smith, chitarrista dei Detroit MC5 e padre dei suoi due figli, con il quale è stata sposata dal 1980 al 1994, anno della sua prematura scomparsa.
Fra puntate quotidiane al Café ‘Ino, tentativi di scrittura e maratone di polizieschi in TV, ci sono l’amore per New York, la compravendita di un bungalow a Rockaway Beach poco prima dell’uragano Sandy (2012), i libri amati, i suoi gatti, le riflessioni sulla scrittura, i pellegrinaggi letterari e artistici in giro per il mondo, le fotografie scattate con vecchie Polaroid, alcuni episodi divertenti, e il bisogno, a quasi 70 anni, di ricordare qualsiasi cosa, anche la più piccola.
I am going to remember everything and then I’m going to write it all down. An aria to a coat. A requiem for a café. That’s what I was thinking, in my dream, looking down at my hands.
M Train – Patti Smith
L‘M Train di Patti Smith — dove la M sta per Mind — va dove vuole; è un’ode all’onnipresente caffè, così come è un’ode alla vita artistica. Non solo la sua, ma anche quella degli altri, soprattutto di coloro che l’hanno preceduta e dei quali ha una profonda ammirazione: Frida Kahlo e Diego Rivera, Silvia Plath, le sorelle Brontë, Jean Genet, Charles Baudelaire e molti altri.
Just Kids, scritto per tenere fede a una promessa fatta a Robert Mapplethorpe, racconta gli anni di formazione, l’ingresso di entrambi nell’olimpo dell’arte e la morte di Robert alla fine degli anni ’80; M Train, invece, si sofferma su ricordi diversi, legati per lo più alla fase successiva: il matrimonio con Fred, i figli, la morte del marito e del fratello a un mese di distanza l’uno dall’altro, il dolore, il ritorno a New York e quello sulla scena musicale.
In Italia M Train è uscito nel 2016 per i tipi di Bompiani nella traduzione di Tiziana Lo Porto. Prima di leggere M Train, ti consiglio, se non l’hai già fatto, di iniziare con Just kids.
Non sei fan di Patti Smith? Non importa. Just Kids è per tutti coloro che amano le arti e/o desiderano immergersi in una bella storia d’amore e d’amicizia e/o nell’atmosfera di una sfavillante quanto povera New York anni ’70; M Train per chi ama sbirciare nelle vite degli artisti e/o per gli appassionati di libri, di scrittura e di viaggi letterari.
→ Leggi anche L’Hotel Chelsea e il lato bohémien di New York
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Allevatrice di unicorni e dirigente di una multinazionale di idee. Da grande vorrebbe diventare ambasciatrice di sorrisi e indossare solo abiti color turchese.
Hai scritto esattamente tutto ciò che ho pensato anchio.
Tramite questo tuo scritto ho avuto la fortuna di conoscere il tuo Letture in viaggio.
Gran bella cosa; ti leggerò spesso …… e volentieri.
Complimenti
Ciao Alessandro
Ciao Alessandro, grazie per essere passato di qua e per il commento. È bello incontrarsi attraverso i libri e condividere le stesse riflessioni. 🙂