Il tedesco è affascinante, eppure viene spesso bistrattato. Sapevi che ha una parola per tutto, anche per i concetti che in italiano non hanno una traduzione esatta? Un’amica che vive in Germania da più tempo di me è riuscita a convincermi della bellezza di questa lingua e mi ha insegnato parole interessanti. Fernweh è una di queste.

Fernwehfern vuol dire lontano e weh significa nostalgia —, traducibile in italiano con “nostalgia dell’altrove”, è il desiderio di essere da qualche altra parte, di esplorare luoghi lontani. L’opposto di Fernweh è HeimwehHeim significa casa —, la nostalgia di casa. Sembra che i tedeschi siano affetti da Fernweh e detengano il primato dei viaggi. Esiste una cura? Spoiler: no.

Stamattina, mentre bevevo la mia seconda tazza di caffè nero acquoso (2 di 3), mi sono chiesta quanto la nostalgia dell’altrove sia genuina e quanto indotta, condizionata cioè da fattori culturali (l’idea romantica di viaggiare). Ne ho concluso che la vera Fernweh è un desiderio connaturato nel nostro essere. Ci si nasce. In fondo, millenni fa, prima di diventare agricoltori-allevatori — e quindi stanziali —, eravamo cacciatori-raccoglitori inclini al nomadismo. Siamo quindi naturalmente portati alla sedentarietà (fisica e mentale)?

Come si manifesta la nostalgia dell’altrove e come (non) curarla

Non tutte le persone affette da Fernweh viaggiano o vanno a vivere all’estero. Ognuna la esprime in modo diverso. Alcune, per esempio, diventando maestre di accoglienza a casa propria. La mia si esprime vivendo “altrove”, emozionandomi con i racconti di viaggio di qualcun altro, andando in giro sempre col naso all’insù (attenta a schivare i pali della luce), leggendo, esplorando Berlino, studiando le lingue straniere e scrivendo su questo blog.

Anche l’età condiziona il modo in cui si esprime questa nostalgia. Da bambina la mia Fernweh si manifestava con la testa sempre fra le nuvole, impegnata nella costruzione di mondi irraggiungibili. Da adolescente — come se le normali paturnie della pubertà non fossero sufficienti —, con la sensazione di essere fuori posto ovunque mi trovassi e con il sogno di diventare archeologa (egittologa, per la precisione).

La Fernweh non si cura, si asseconda. Come? Con i mezzi che abbiamo a disposizione in un dato momento, senza che l’impossibilità di viaggiare diventi un cruccio e ricordandoci che l’unico momento che conta è qui, ora. E che qui e ora possiamo accogliere chi bussa alla nostra porta, interagire in maniera costruttiva con persone (apparentemente) diverse da noi, leggere di luoghi lontani, studiare una o più lingue, meravigliarci nello scoprire che la panchina di legno davanti casa ha decine di venature che non avevamo mai notato.

I libri che hanno stimolato la mia Fernweh

Filippo, mascotte di famiglia con in mano Un Indovino mi disse

E ora veniamo alle letture. Ci sono dei libri che hanno spinto la mia Fernweh allo scoperto. Tra i 16 e i 18 anni ho letto Il dio del fiume, Il settimo papiro e Figli del Nilo, tre romanzi di Wilbur Smith ambientati nell’antico Egitto. Li ho divorati e amati.

Intorno ai 25 anni, invece, mi è capitato tra le mani L’alchimista di Coelho, trovato nella biblioteca di mio fratello. Pur non essendo diventata una fan dell’autore, riconosco all’avventura del giovane Santiago il merito di avermi fatto riflettere su quanto forte fosse la mia resistenza al cambiamento, condizione naturale dell’uomo, ma che per me all’epoca era il male assoluto (stile baco chiuso nel suo bozzolo).

Il terzo e ultimo alleato della mia Fernweh è stato, nel 2012, Un indovino mi disse di Tiziano Terzani, che mi ha dato la spinta finale, quella che o ti butti o muori dove sei di stagnazione. A differenza dei primi due autori, del terzo mi sono innamorata e da allora i suoi libri mi seguono ovunque.

Ovviamente non sono stati solo i libri a stimolare la mia Fernweh, ma anche alcune persone incontrate lungo il cammino, tra queste una giovane bibliotecaria con la passione per i viaggi. Le domande che voglio farti oggi sono: hai nostalgia dell’altrove? Se sì, ci sono stati dei libri che l’hanno stimolata?

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20 commenti

Fernweh 09/06/2020 - 6:00 pm

Un articolo molto interessante e ricco di spunti! Abbiamo subito comprato il libro di Terzani come da tuo consiglio! Segui la nostra pagina, che si chiama proprio Fernweh, perchè noi crediamo nel diverso, nel nuovo, in tutto ciò che altrove!

Bellissimo blog e originale, continuiamo a seguirti!

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 18/06/2020 - 2:26 pm

Grazie, Milena! Sì, la conosco. Vi seguo già su Instagram. 🙂

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khadi 02/05/2017 - 12:37 pm

“Il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi orizzonti, ma cambiare occhi”, è una frase di Proust in cui mi ritrovo perfettamente.
Ho (in parte) guarito/assecondato la mia “nostalgia dell’altrove” modificando me stessa, diventando “straniera alla mia terra”, abbracciando un’altra religione che si esprime (anche) attraverso segni visibili che ti rendono “straniera” agli occhi degli altri e che invece, dentro, mi fanno sentire “a casa” ovunque io sia e contemporaneamente mi fanno vedere come “altrove” qualsiasi posto.
Per il momento sembra che funzioni. Vedremo cosa succederà quando mi sposterò andando a vivere in altre latitudini ; )

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 02/05/2017 - 12:55 pm

Ciao Khadi, benvenuta! Hai centrato in pieno il senso del mio post. Si può guarire/assecondare la propria nostalgia dell’altrove in tanti modi diversi, senza dover diventare necessariamente viaggiatori o andare a vivere all’estero. Tutto inizia col cambiare il nostro punto di vista sulle cose, agire sullo sguardo (e sull’attenzione posta alle cose che guardiamo). Un atto semplice, per alcuni difficile, ma che porta con sé tante cose belle 🙂

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Alessandra Cialone 24/04/2017 - 11:10 am

Sono dottoressa in Scienze dei Beni Culturali, specializzata in Archeologia. Tutti mi dicevano come te…”che te ne fai? Dove lavorerai?” Beh, non li ho ascoltati. Alla fine avevano ragione, io non sto lavorando nel campo archeologico come sognavo, ma non mi sono pentita di aver scelto questo percorso, anzi. Sono felice di averlo fatto, ed è anche grazie a questa facoltà che ora sono come sono 🙂
Mai smettere di inseguire i propri sogni! 😉

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 24/04/2017 - 11:29 am

Oddio che bello trovare qualcuno con un percorso di studi simile! *_* emozionata io! Io alla fine ho scelto il percorso storico artistico, che comunque mi è piaciuto. Ho fatto anche qualche esame di archeologia. Nemmeno io ho lavorato nel settore dei beni culturali, a parte una sola esperienza in un museo. Sono contenta ugualmente, perché in realtà tutto quello che ho fatto finora, laurea compresa, mi sta tornando molto utile. Ecco, un po’ come se avessi trovato il modo di chiudere un cerchio, usando tutto ma proprio tutto quello che ho imparato e fatto. Concordo appieno con te Alessandra, mai smettere di credere nei propri sogni. Io ci ho messo un po’ per imparare a non lasciarmi influenzare dall’opinione altrui a costo di sbagliare. Ora che ci sono riuscita non solo motivo me, ma motivo tutti quelli che mi stanno intorno a credere sempre nei propri sogni e a migliorarsi costantemente per raggiungere i propri obiettivi. Grazie per il commento, per avermi dedicato del tempo, per tutto. 🙂

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Cristina Buonerba 19/04/2017 - 2:04 pm

Amo follemente Un Indovino mi Disse di Terzani. E questo post mi piace un sacco! Sono una viaggiatrice, una nostalgica e una linguista: mi hai beccato in pieno! Mi fa tanto pensare alla saudades brasiliana… 🙂

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 19/04/2017 - 2:17 pm

Ciao Cristina, grazie mille! 🙂 Sono veramente felice che il post ti sia piaciuto, ma soprattutto sono felice di aver trovato altre persone che come me amano Terzani e sono malate di Fernweh 😉

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partyepartenze 18/04/2017 - 8:11 pm

Conosco moltissimi malati, e tutti senza nessuna voglia di guarire. Abbiamo tutti un verbo in comune per la nostra ossessione: andare.

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 18/04/2017 - 8:17 pm

Hai ragione, è un’ossessione. Stupendevolissima, aggiungerei 😉

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Ilaria 18/04/2017 - 3:46 pm

Ciao! Una malatissima di Fernwhe é qui presente! Hai ragione non si può guarire da questa “saudade dell’altrove” Non ho mai letto questo libro di Terzani provvederò quanto prima!

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 18/04/2017 - 3:54 pm

Che bello sapere che siamo in tante ad esserne affette! E se per caso un giorno leggi “Un indovino mi disse” e poi te ne innamori e la Fernweh ti aumenta, non dire che non ti avevo messa in guardia. 😀

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Girovagandoconstefania 18/04/2017 - 11:48 am

Pure io amo Terzani e la mia nostalgia è inguaribile 🙂

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 18/04/2017 - 12:14 pm

Ciao Stefania, grazie per il commento. Mi sa che il club Terzani è ben nutrito <3. E w la nostalgia! ;)

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Mariacarla 18/04/2017 - 12:38 am

Non conoscevo questo termine , ma la nostalgia è una emozione che va vissuta appieno . Concordo su TerAni, ma il Mio libro è Cent’anni di solitudine di Marquez

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 18/04/2017 - 10:14 am

Ciao Mariacarla, grazie per essere passata. Anche io credo che non ci sia nulla di male nella nostalgia (per la propria terra o per luoghi mai visti prima); l’importante è che non ci impedisca di godere del presente. Io di Marquez ho letto solo “L’amore ai tempi del colera” e mi è piaciuto molto. 🙂

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maddalena 15/04/2017 - 11:11 am

Credo di essere molto stanziale. Forse sono più da Heimweh, forse sono ancora nel bozzolo. La curiosità per l’altrove è un po’ come un palloncino, mi spinge fuori dal mio piccolo lotto, ma un filo mi lega sempre. Anche nelle letture mi piace ritrovare qualcosa di me, qualcosa che fa eco a quello che so. E anche a quello che non so: lo fa uscire allo scoperto 🙂

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 15/04/2017 - 3:31 pm

Io sono stata per anni super stanziale, combattuta tra le mie paure, il cordone ombelicale che mi lega alla famiglia e il bisogno di prendere il volo. Però ci sono delle voci dentro che non puoi ignorare per sempre. Così alla fine ho scelto il volo. Sul fatto che i libri facciano uscire allo scoperto cose che non sappiamo di noi sono d’accordissimo. 🙂

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maddalena 17/04/2017 - 7:29 pm

E’ sempre decisamente interessante e stimolante scambiare opinioni con te 🙂 Brava per il tuo coraggio di volo 😉

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Katy Poppins, seduta con in mano una tazza e un libro aperto davanti a lei
Caterina 17/04/2017 - 8:36 pm

Grazie! 🙂

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